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C’è vita dietro le sbarre?

Ogni hype è destinato a terminare in breve tempo e a dissolversi nel silenzio. In alcune particolari circostanze, invece, la notizia del momento diventa un’occasione di approfondimento. La carcerazione di Ilaria Salis ha acceso i riflettori sulla grave situazione detentiva europea. In Italia è evidente il problema del sovraffollamento delle carceri, mentre in Romania arriva la condanna da parte della Cedu per i trattamenti inumani riservati ai detenuti.

Un caso simile a quello di Salis riguarda due cittadini italiani, Filippo Mosca e Luca Cammalleri, arrestati sul suolo rumeno nel maggio 2023 per possesso di sostanze stupefacenti. Sono passati nove mesi, ma ogni giorno i due ragazzi chiedono un imminente intervento.  “Abbiamo passato settimane in mezzo ai topi. Ora ci hanno spostato, ma siamo 24 in una cella di 30 metri quadri in condizioni disumane”, raccontano dal carcere di Porta Alba.

Le carceri rumene sono le più sovraffollate d’Europa: il numero dei posti letto, infatti, non rispetta le norme stabilite dalla “Corte europea dei diritti dell’uomo” (Cedu). Una situazione non accettabile per uno Stato di diritto.

Ma cosa è successo nove mesi fa? Filippo Mosca, Luca Cammalleri e alcuni amici si trovano in Romania per partecipare al festival Sunwave, ma alla vigilia del rientro in Italia accade qualcosa d’imprevisto. A una delle ragazze del gruppo non viene consegnato a casa il pacco che stava attendendo. Chiede così di indirizzare lo stesso pacco, contenente effetti personali, all’albergo dei ragazzi. La polizia intercetta e scopre il contenuto (marijuana, cocaina e ketamina). Chi del gruppetto in quel momento è presente in albergo viene arrestato.  Più di 10 ore senza né acqua né cibo in una stanza videosorvegliata dalla polizia. Solo Filippo e Luca decidono di parlare per difendersi, senza sapere che le loro parole sarebbero state usate come prova di colpevolezza. Loro due solamente vengono trattenuti in custodia cautelare, malgrado la mancata autorizzazione alle intercettazioni ambientali. E malgrado la ragazza realmente colpevole si fosse assunta la piena responsabilità del fatto.

A distanza di sette mesi dall’inizio della custodia cautelare, arriva la condanna a otto anni e tre mesi per traffico internazionale e possesso di sostanze stupefacenti. In questa storia non mancano errori temporali e alcune prove raccolte in maniera irregolare (tra cui errori di traduzione).

I ragazzi raccontano la reale difficoltà della vita detentiva: da un lato le ripetute aggressioni in cella, dall’altro il frequente malfunzionamento del riscaldamento, l’assenza di acqua calda e le precarie condizioni igieniche. La Romania, negli anni passati, ha ricevuto il maggior numero di condanne da parte della Cedu a causa dei trattamenti degradanti nelle carceri. E la storia dei due ragazzi ne testimonia ancora la gravità.

A occuparsi oggi del caso di Filippo e Luca è l’associazione “Nessuno Tocchi Caino”. Oltre a immediati provvedimenti per aiutare i ragazzi, l’associazione chiede che il numero dei detenuti torni alla capienza legale, che le misure alternative vengano potenziate e che si intervenga per colmare la carenza di personale attorno alla comunità penitenziaria (agenti, assistenti sociali, medici, mediatori culturali).

Ad aprile la sentenza d’appello delibererà le sorti di Filippo Mosca e Luca Cammalleri. E mentre i giornali rumeni iniziano a interessarsi alla questione, a rimanere nuovamente in silenzio è il governo italiano.